Caro Direttore,
in relazione al dibattito che si è aperto circa il divieto di utilizzo delle radioline, credo sia opportuno ricordare ai lettori le seguenti circostanze:
1. Già in data 6 luglio 2009 l’ACCPI ha chiaramente manifestato con un comunicato stampa la propria contrarietà alla proposta di vietare l’uso delle radioline.
Come sostenuto in quel comunicato, “si tratta di una decisione fuori dal tempo che compromette sensibilmente la sicurezza dei corridori in corsa. Quest’ultimi infatti non potranno essere avvisati dai loro direttori delle insidie e dei pericoli che si dovessero presentare durante la tappa. Condividiamo e apprezziamo le intenzioni del Tour di aumentare sempre più la spettacolarità della manifestazione; ciò peraltro non può avvenire a scapito della sicurezza dei corridori, né può comportare il ridimensionamento del ruolo dei direttori sportivi”.
A tal riguardo, ritengo sia opportuno ricordare che la decisione di vietare gli auricolari nasce da una proposta degli organizzatori del Tour de France che è stata poi avallata dalla Commissione Strada dell’UCI nel corso di una riunione tenutasi durante i campionati del mondo di Mendrisio.
2. Nel mese di luglio di quest’anno il CPA, l’associazione internazionale dei corridori professionisti, ha fatto un sondaggio tra i corridori da cui è risultato che la maggioranza del gruppo è favorevole all’utilizzo degli auricolari in corsa.
I corridori dunque – contrariamente a quanto sostenuto da alcuni non informati lettori – la propria opinione sull’argomento l’hanno già espressa ed in modo chiaro e tempestivo .
Ciò detto, approfitto dello spazio che vorrà concedere a questa mia lettera per formulare una mia personale convinzione.
A mio avviso, la questione delle radioline è purtroppo il riflesso della mancata scelta da parte del nostro movimento di essere sport individuale o sport di squadra.
Mi spiego meglio. E’ un fatto che negli ultimi anni la squadra abbia assunto sempre più peso ed importanza nel conseguimento del risultato sportivo del singolo corridore. Ormai, da parte degli stessi addetti ai lavori si è arrivati a sostenere che, senza una buona squadra, è molto difficile vincere delle corse. Si pensi solo a quello che avviene negli arrivi in volata!
Peraltro, nei regolamenti sportivi e anche nel cuore dei tifosi, il ciclismo mantiene tuttora la propria caratteristica di sport individuale dove a vincere è il singolo corridore con il suo coraggio e la sua fatica.
Ora, secondo quello che ci è stato raccontato, la proposta di abolire le radioline nasce proprio dalla volontà di restituire al ciclismo la sua essenza di sport individuale e liberarlo dalle “prepotenti” scelte e strategie di squadra.
Ma se così è, la questione che occorre porsi non è “radioline sì o radioline no”, bensì, molto più radicalmente, “squadre sì o squadre no”!
Sulla questione, però, l’UCI la sua scelta sembra averla fatta da tempo.
Tutte le decisioni che essa ha assunto in questi ultimi anni sono infatti andate nel senso di valorizzare le squadre e non certo di sminuire la loro importanza.
Qualche esempio: è stato creato un circuito chiuso come il Pro Tour, è stata inserita, a partire dal 2012, una prova a squadre in cui verrà premiata la squadra campione del mondo, è stata istituita un’apposita classifica per premiare la squadra più forte della stagione e, non da ultimo, è stato imposto ai direttori sportivi di partecipare a dei corsi proprio al fine di valorizzare maggiormente il loro lavoro e, conseguentemente, l’azione di squadra.
Se così è, non vi è dubbio che la decisione di vietare l’utilizzo delle radioline appare del tutto anacronistica ed illogica. Se infatti si ritiene che le radioline siano un problema per lo spettacolo, vuol dire ammettere che lo sono anche le squadre, dal momento che l’auricolare non è altro che lo strumento in mano ai team per poter comunicare con i propri corridori ed impartirgli le dovute istruzioni. E se le squadre rappresentano un problema per lo spettacolo, la soluzione può essere soltanto una: quella di abolirle!
Forse in tal modo lo spettacolo – tanto invocato da alcuni – sarà finalmente assicurato: ogni corridore correrà per suo conto, avrà il suo sponsor ed indosserà la maglia che più gli aggrada.
Si ritornerà ai tempi eroici di Girardengo, ai cambi ruota sulle spalle e allo scambio di borraccia impresso nella mente di tutti noi.
Se questa è la direzione che vogliamo dare al ciclismo del futuro, basta dirlo, anche perché ai corridori la cosa – tutto sommato – potrebbe anche convenire (a partire dalla ridistribuzione dei diritti di immagine e a tutto quello che vi è connesso).
Ma se – come credo – così non è, il divieto di utilizzo degli auricolari appare soltanto una decisione senza senso, incoerente e nociva a tutto il movimento.
Un caro saluto.
Federico Scaglia
Segretario ACCPI